C’è idrogeno nel futuro degli hotel
Per quanto riguarda i gravi e urgentissimi problemi dell’energia, in un precedente articolo abbiamo accennato alla “soluzione salvatrice”, cioè all’impiego dell’idrogeno come combustibile non inquinante e ad altissimo rendimento energetico. Stando a nozioni largamente provate e accettate dalla comunità scientifica, l’idrogeno è di gran lunga il più abbondante elemento nell’universo: si pensa che ne costituisca addirittura il 90%! Esso è anche l’elemento più semplice, costituito com’è da un nucleo e da un solo elettrone. Per conseguenza, esso è l’elemento più leggero. En passant, fu questa specifica proprietà a indurre il conte Zeppelin a riempire d’idrogeno i suoi famosi dirigibili, con le note conseguenze. Infatti l’idrogeno è altamente reattivo, ossia esplosivo. Oggi per riempire i dirigibili si usa l’elio, che è meno leggero, è vero, però non esplode! Sulla terra, l’idrogeno è abbondantissimo giacché non solo costituisce l’elemento preponderante dell’acqua e degli acidi, ma interviene anche in moltissime altre reazioni chimiche, essendo dotato di un fortissimo potere riducente che lo induce a combinarsi con la maggioranza degli altri elementi. Inoltre l’idrogeno, in associazione con il suo migliore amico, l’ossigeno, costituisce l’elemento essenziale allo sviluppo e mantenimento della vita tanto che certi scienziati all’avanguardia stanno tentando di ribattezzarlo “biogeno”! Tutte queste belle qualità sono però difficili da sfruttare direttamente come forma di energia. Infatti, proprio a causa del suo vigore, l’idrogeno non abbandona facilmente le proprie inclinazioni. Per utilizzarlo come combustibile bisogna isolarlo e ciò non è affatto facile. Ad esempio, sebbene si possa pensare all’acqua per procurarselo, un’enorme quantità di energia è necessaria per strapparlo all’abbraccio con l’ossigeno. E per colmare la misura, per conservarlo, trasportarlo, utilizzarlo bisogna trattarlo con estrema prudenza a causa del pericolo di esplosione. Spugne chimiche Il metodo corrente per trattare l’idrogeno dopo averlo isolato è quello di liquefarlo e conservarlo sotto pressione in robustissime bombole. Ciò significa spendere altra energia per scopi non produttivi e in definitiva si arriva all’assurda conclusione che utilizzare l’idrogeno come combustibile non inquinante costa più energia di quanto rende e quindi la polluzione, invece di diminuire, aumenta! Pensa e ripensa, alcuni scienziati si sono accorti che certi polimeri amano l’idrogeno e hanno la proprietà piuttosto insolita di assorbirlo. Si provi a pensare a una spugna: una spugna secca, gettata in acqua, ne assorbe una grande quantità, fino alla saturazione totale. Delicatamente si sollevi la spugna satura e la si conservi in un recipiente semplicemente chiuso, fosse anche un sacchetto di plastica, così da evitare l’evaporazione. Quando c’è bisogno d’acqua, si apre il recipiente, si recupera la spugna e la si strizza. Ebbene, certi polimeri si comportano in modo chimicamente analogo. Esposti a uno spiffero d’idrogeno puro, immediatamente se ne saturano e lo custodiscono gelosamente come un prezioso amico, senza alterarne minimamente la struttura chimico-fisica al livello molecolare. Questa è una situazione stabile e facilmente realizzabile, provveduto che i polimeri in questione siano conservati in un involucro o membrana isolante e impermeabile. E ciò anche a pressione e temperatura ordinarie. Quando però appare in scena l’ossigeno, magari grazie all’intervento di un utilizzatore (come ad esempio un albergatore che abbia bisogno di energia), l’idrogeno non ci pensa due volte: abbandona i polimeri e, sotto condizioni propizie e ben controllate, si combina con l’ossigeno per dare a chi ne ha bisogno energia usabile; e all’ambiente, acqua. Ideale situazione in cui tutti ci guadagnano. Però, attenzione: riprendendo l’esempio della spugna, pare chiaro che oggi un litro d’acqua (anche minerale) costa meno di una spugna capace di assorbire e conservare il medesimo volume d’acqua . Quindi, il metodo delle spugne, per quanto riguarda la conservazione dell’acqua, è totalmente inadeguato dal punto di vista economico. Inoltre ci sono innumerevoli altri modi di conservare l’acqua senza ricorrere alle spugne. Per l’idrogeno non è così, o almeno, non ancora. Il ciclo dell’idrogeno, come combustibile non inquinante, è già una realtà. Il modellino in foto ne è la prova. Ma le applicazioni industriali di tale ciclo sono ancora da venire e, purtroppo, sono ostacolate da forti opposizioni politiche, come si può immaginare. Impianti fino a 55 kW sono già stati realizzati. Inoltre, sia la casa tedesca Mercedes-Benz, sia la casa giapponese Toyota hanno già da tempo costruito almeno una cinquantina di veicoli ibridi (diesel-elettrici) che circolano tranquillamente senza che nessuno si accorga di alcuna differenza rispetto a quelle di un veicolo tradizionale, eccetto per il fatto che i veicoli ibridi sono molto meno rumorosi. Ma la scienza non permette agli scettici di infilare la testa nella sabbia e tenercela indefinitamente. Il ciclo dell’idrogeno si sviluppa in maniera alacre e velocissima. Il giorno non è lontano quando, per fare il pieno della Ferrari, basterà andare dal pizzicagnolo del quartiere e comperare un paio di salsicciotti di polimeri idrogenati saturati, da inserire nelle apposite condotte alimentari del silenzioso motore a fuel cells. Per gli alberghi questa nuovissima tecnologia sarà di grande utilità, perché provvederà una sorgente di energia facile da conservare, facile da usare, molto ecologica e relativamente economica. Unita alle altre innovazioni di cui vi abbiamo già parlato, la tecnologia dell’idrogeno sarà una grande spinta verso una coscienza ecologica sincera e molto efficace.
dr arch. Vittorio Pedrotti e prof. dr ing. Antonio P. Adamo
pubblicato su Job in Tourism dell’ 07.01.2005