Molte
sono le nuove tecnologie che si possono oggi usare per ottimizzare
le costruzioni moderne e la loro gestione, in particolare nel campo
dell’edilizia specializzata. Per gli alberghi, si va dai nuovi materiali
di costruzione e isolazione alle sofisticate applicazioni dell’informatica
per la gestione razionale dell’energia e della sicurezza sia fisica
sia psicologica.
Questa breve carrellata - che pubblichiamo in tre puntate - presenta
alcune tecnologie mature per essere applicate direttamente, facilmente
ed economicamente, quali il riciclaggio locale dell’acqua, l’uso
dell’acqua naturale (di mare o di lago) come refrigerante e l’utilizzazione
dei generatori come gruppi di co-generazione (elettricità e calore).
Cenni sull’idrogeno, sulle piccole centrali solari, e sull’energia
nucleare del futuro completano il quadro più generale.
Tutto ciò interesserà proprietari e direttori d’alberghi di taglia
media (60 a 150 camere) e grande (oltre le 150 camere) sia esistenti
sia, e specialmente, da rinnovare o costruire ex novo.
Qualche anno fa, ma in un passato assai recente, l’idea di alleggerire
il carico ambientale nella costruzione e nella gestione razionale
dell’energia era considerata una proposta quasi esclusiva dei progetti
riguardanti l’ecologia. Si era agli albori della nuova coscienza
sugli effetti nefasti dell’uso della tecnologia senza freni e molte
innovazioni erano ancora imperfette, un po’ astruse e soprattutto
costose, nel senso che i loro finanziamenti, periodo di ammortamento
e ritorno sull’investimento non fornivano un incentivo apprezzabile
per lanciarsi in tali avventure.
Alcune di quelle tecnologie sono ancora oggi in fase sperimentale.
Altre, felicemente, sono uscite dalla loro crisalide e sono ora
mature per essere utilizzate con successo. Il riciclaggio dell’acqua
in circuito locale, l’uso dell’acqua naturale come refrigerante
e i nuovi concetti in materia di co-generazione d’energia, sono,
a nostro parere, tre tecnologie pronte all’uso, di facile applicazione
e di sicuro rendimento economico. Basti pensare che in molte installazioni
di co-generazione, ad esempio, il periodo di ammortamento si aggira
sui sei, sette anni.
Un po’ più in là nel tempo, a medio termine, cioè da 5 a 10 anni,
vedo le centrali solari fotovoltaiche divenire più piccole, più
efficienti, meno costose e visualmente meno offensive e pensiamo
all’avvento dell’idrogeno come fuel per eccellenza. A lungo termine,
diciamo da 20 a 50 anni, mi aspetto notevoli progressi nel campo
della fusione nucleare che porteranno senza dubbio risultati decisivi
e trasformeranno la produzione dell’energia in modo radicale e probabilmente
definitivo.
O sole mio
Quando, in una bella giornata d’estate, stesi sulla sdraio in riva
al mare capita di guardare il sole, molte persone sicuramente esclameranno:
"Ma guada che bel sole!". Ebbene, nella stessa situazione, sarebbe
forse meglio esclamare: "Ma guarda che bella fornace nucleare!".
Infatti il sole, stando alle nostre ultime conoscenze, altro non
è che un’enorme fornace a fusione nucleare, che invia nello spazio
un’incredibile quantità di radiazioni e che, data l’efficienza con
cui questa fusione ha luogo, continuerà ad inviarla per molti milioni
d’anni a venire. Per fortuna, la grande distanza che ci separa dal
sole, la nostra provvidenziale atmosfera e in particolare lo strato
di ozono ci proteggono dalle radiazioni malefiche lasciando tuttavia
filtrare le radiazione benefiche, quali il calore, la luce e una
moderata porzione di raggi ultravioletti, che sono la causa diretta
e il sostegno di ogni forma di vita sul nostro bel pianeta. Conclusione:
l’energia nucleare non è inerentemente nociva. Tutt’altro. Bisogna
semplicemente imparare a saperla controllare e trasformarla in ancella
buona, servizievole e pressoché inesauribile.
Ritornando al tema, cosa significano esattamente e rispettivamente
le espressioni "Riciclare l’acqua in circuito locale, usare l’acqua
naturale come refrigerante, e cogenerare energia"? Come si possono
utilizzare queste tecniche in un albergo? È ciò che intendiamo esporre,
un po’ sommariamente è vero, ma abbastanza dettagliatamente per
rivelarne i segreti e i vantaggi.
La bella lavanderina
Nonostante le loro buone intenzioni le lavandaie dei tempi andati
mai si resero conto che, dal punto di vista ecologico, il loro sistema
di lavaggio era molto inefficiente. Anzi, per esser sinceri, era
catastrofico! Lavare i panni al fiume, in acqua corrente, consuma
un’enorme quantità di acqua e inquina tutta l’acqua a valle del
punto di lavaggio. Ovviamente, quando gli inquilini della nostra
"nave spaziale", cioè la terra (come amava definirla il famoso ingegnere
americano Buckminster-Fuller) erano soltanto un paio di miliardi,
lavare qualche fazzoletto al fiume non costituiva un grosso attentato
all’ambiente. Oggi siamo già circa sette, presto saremo venti. Miliardi,
beninteso. Assetati, affamati, sporchi, avremo bisogno di enormi
quantità d’acqua per bere, innaffiare i campi, mantenere l’igiene,
in breve: per vivere! Ma non è il caso qui di ribadire l’urgenza
del problema. Passiamo direttamente a qualche soluzione.
Prendiamo ad esempio l’attività di lavare i piatti. Chiaramente,
sciacquare la scodella del cane non presenta grandi problemi d’energia
e d’igiene. Viceversa, rigovernare i piatti, le posate e le pentole
insudiciate dalle attività di un ristorante dopo un banchetto offerto
a 1500 persone è tutta un’altra storia. Su una tavola bene imbandita
si avvicenderanno come minimo quattro piatti, tre bicchieri, sei
posate, una tazza con piattino e cucchiaino, un bicchierino. Per
persona. Alla fine del convivio si dovranno dunque lavare ben 25
mila pezzi, senza contare i portacenere, i vasi da fiori, le tovaglie,
i tovaglioli, le pentole, gli utensili di cucina, il pavimento della
sala, i vestiti del personale… Per quanto riguarda le stoviglie,
la soluzione più corrente in questi casi è quella d’impiegare moderne
macchine lavastoviglie a tunnel a ciclo continuo e che utilizzano,
ovviamente, acqua rigorosamente potabile. Si hanno in genere quattro
fasi:
1. Prelavaggio: le stoviglie vengono innaffiate con getti di acqua
calda ad alta pressione. I rifiuti più grossolani e i frammenti
di cibo ancora appiccicati ai piatti a causa delle infernali salse
ricche di grassi e di zuccheri vengono così scaraventati negli scarichi
insieme all’acqua di prelavaggio.
2. Lavaggio: le stoviglie, adesso meno sudice ma sempre sporche,
vengono trattate con getti multipli di acqua calda e detersivo.
Di nuovo, sia i detersivi sia l’acqua vengono eliminati negli scarichi.
3. Sciacquo: le stoviglie, adesso pulite ma saponose, vengono investite
da getti di acqua calda purissima e abbondante, nell’intento di
rimuovere qualsiasi traccia di detersivo ed essere così propriamente
pulite e igienicamente impeccabili. Questa abbondante acqua finisce
poi anch’essa negli scarichi.
4. Seccaggio: le stoviglie, adesso pulite ma umide, vengono accarezzate
da un soffio tiepido ed escono secche e pronte per il prossimo servizio.
In questa fase, l’acqua interviene solo secondariamente, nel senso
che l’umidità evacuata è ventilata all’esterno ed è quindi perduta,
insieme alla sua energia termica che potrebbe invece essere recuperata.
Fino a qualche tempo fa, e ancora adesso in moltissimi ristoranti,
quanto sopra descritto era l’unico sistema di lavaggio e, ovviamente,
in tutte le sue fasi comportava l’uso di acqua potabile.
Una quindicina d’anni fa qualcuno si chiese: "Perché bisogna usare
acqua potabile e pura nella fase di prelavaggio?". Infatti, quello
che interessa durante questa fase è soprattutto l’energia fornita
dall’acqua, in forma di calore e pressione, giacché il solo obiettivo
è quello di rimuovere meccanicamente i rifiuti grossolani. Le stoviglie
saranno poi insaponate, lavate, sciacquate e asciugate nelle fasi
seguenti. Da questa riflessione nacquero le moderne macchine lavastoviglie
a circuito di rigenerazione locale. Eccone il principio di funzionamento:
L’acqua proveniente dalle fasi di lavaggio e di risciacquo, invece
di essere inviata direttamente agli scarichi, viene raccolta in
speciali serbatoi dove viene sommariamente trattata e liberata dalle
impurità più inquinanti. Si ottiene così la cosiddetta grey water
(letteralmente, "acqua grigia"), non perfettamente potabile, ma
di una qualità abbastanza pura per poter essere riciclata immediatamente
nella fase di prelavaggio. Solamente dopo aver assolto questo secondo
compito l’acqua viene inviata alle fognature.
Parecchie ditte offrono macchine di questo tipo, che sono altamente
raccomandabili.
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